Civitate barulo. L'urbe principato del Regno di Puglia fondata da Ruggero Borsa e distrutta dal sisma del 1082 nell'atense di Te

Riferimento: 9788872974780

Editore: ABE
Autore: Bascetta Arturo
In commercio dal: 15 Luglio 2024
Pagine: 122 p., Libro in brossura
EAN: 9788872974780
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Descrizione

Bascetta snocciola, in maniera viscerale, luoghi, fatti e volti che si riprendono la scena dopo la morte di Roberto il Guiscardo dei «Magnifici». A guidare i «Guiscardelli» c'è l'erede Rogerio Borsa, Duca di Puglia, che litiga col fratellastro Boemondo, strappandogli dalle mani la corona di Re, spinto dalla madre salernitana. La Principessa Sichelgaita non vuole lasciare il Regno di Puglia che si sta costruendo sul Gargano per Salerno e avvia una guerra infinita fra i due consanguinei, sposata dal Gran Comes degli Altavilla. Finirà che sarà il terremoto del 1082 o quello del 1088 a distruggere la mancata capitale apula di Borsa, S.Maria Beroli della Basilica di San Giovanni, capitale dell'antico Principato della Pentapoli di Arechi II, oggi parte integrante di Monte Sant'Angelo. Borsa farà le valigie lasciando tutto nelle mani dello Zio Ruggero Altavilla I, conosciuto come Gran Comes di Sicilia, scelto dal papa a Marchio, cioè a Vicario della Chiesa nella antica sede consolare dei Romani e dei Franchi, che fu la Civitate Neapolis a San Severo di Torre Maggiore, falsa vicecapitale del nuovo Regno di Pavia, elevata a Principato della Lombardia Minore del Marchio Ruggero I della stirpe degli «Altavilla». Lo zio di Borsa gli aveva usurpato di fatto il nascente Regno di Puglia, nato nel nome della Trinità a Barulo e non a S.Angelo della Civitate, rispedendolo esiliato a Salerno, e espropriandolo dell'urbe Principato, rasa al suolo dal sisma del 1082 e opponendogli una Neapolis nata nella Marca di S. Pietro, sul Monte Gargano. Spinto dall'Imperatore, come accadeva ai tempi di Carlo Magno, lo spodestato Borsa fu pronto a riorganizzare i militi imperiali per ripartire da Salerno, dove intese spostare il vicetrono della diruta Barulo, che per lui restava l'urbe Principato del Regno di Puglia e che, anzi, intese riprendersi dichiarando guerra allo Zio. Sopraffatto però dal nipotastro Roberto dell'Aquila, della linea dei «Loritelli» capuani di Sanseverino, proveniente da Tricarico di Caserta, nascerà sul Monte Sant'Angelo la capitale degli avversari che intese demanializzare tutto sotto Nea Hea Apula, l'urbe «Nova» del Principato del Regno di Neapulia. Si compiva la vendetta di Sanseverino verso Ruggiero I Altavilla, che gli aveva ucciso il padre, riportando tutto al nuovissimo trono di Nea Hea Apula, ubicato nella Villa Magna di San Michele Arcangelo del Monte Gargano. Sull'isola di Diomede, dove sbarcarono Enea, S. Pietro e i pellegrini di tutto il mondo, rinascerà più volte il Regno di Puglia. Qui si avvicendarono tutte le capitali per antonomasia perché fu il luogo sacro del massacro dei Giudei deportati nell'antico consolato romano di Teate Apulo. Qui, nel nome della Trinità, mille anni dopo, anche Ruggero Borsa, sulle orme dello zio Gisulfo di Salerno, aveva fondato la sua città mariana di al Barulo, l'urbe della Trinità dei «Guiscardelli», odiata dal papa e dal fratellastro Boemondo, che la ricostruirono - senza Giudei - e col nome di «Baruletto», prima a Trani, e poi a Barletta, spostandola fra i ruderi di Canne.